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La rivoluzione della tartaruga

La rivoluzione della tartaruga

La rivoluzione della tartaruga

I ricordi di quando da piccoli i nostri genitori ci lasciavano a dormire dai nonni suscitano nella maggior parte di noi emozioni toccanti. Erano momenti di libertà, di gioco, di complicità ma anche di immenso rispetto per quei “vecchi” parenti. Appena varcata la soglia e soprattutto appena mamma e papà si chiudevano la porta alle spalle, ci scatenavamo come cavalli imbizzarriti ma quando arrivava l’ora di andare a dormire accadeva la magia. I nonni ci accompagnavano a letto e si fermavano lì con noi a leggerci una storia, alcuni rispolveravano aneddoti del loro passato e, anziché ricorrere a un libro, ci portavano tra le braccia di Morfeo raccontandoci storie di quando anche loro erano bambini. Noi ci facevamo muti, piccoli piccoli, l’attenzione concentrata sulle parole che stavamo ascoltando. E non ci stancavamo mai di sentire quelle storie, anzi a volte chiedevamo che ci venissero raccontate ancora e ogni volta erano sempre più belle.

L’altra sera presso l’Associazione I Sentieri del Vento ho avuto la fortuna, assieme ad una trentina di persone, di rivivere quelle emozioni, ma questa volta erano ancora più amplificate.

Davanti a noi c’erano due nonni, due Grandi Nonni: Shomiss e Coocoom.

Tutti i nonni, per una questione anagrafica, sono considerati persone con esperienza, ma questi due non sono due nonni qualunque. A cominciare dall’aspetto fisico: copricapo di piume e pelli animali, segni colorati in faccia, pipa fumante in mano. E i racconti che ci hanno fatto parlano di orsi, di foreste, di medicina naturale, di conoscenze primordiali.

Stiamo parlando di Dominique Rankin, capo spirituale della tradizione Anicinape, Uomo Medicina e Marie-Josée Tardif, sua compagna e allieva. Insieme girano il mondo intero per diffondere alcuni insegnamenti così semplici quanto dimenticati.

La serata non comincia con un racconto, ma con un canto lento, dal sapore antico e sacro, un canto in cui la voce femminile è preponderante così come il ritmo dato da un tamburello di pelle animale. Sin dall’inizio della melodia sono evidenti i riferimenti alla Terra Mamma, ai ritmi naturali, al dono della vita.

Non è un errore. Coocoom spiega che Shomiss non parla di Madre Terra, bensì di Terra Mamma, perché nella loro lingua (e in tutte le lingue del mondo, aggiungerei io) c’è una bella differenza tra i termini “madre” e “mamma”. E’ una questione di attaccamento, di vicinanza, di amore. Nella cultura indiana le donne rappresentano le radici del mondo, perché sono portatrici di acqua e danno la vita, esattamente come la Terra Mamma.

E dai racconti che seguono traspare tutto l’amore di questi due Grandi Nonni per il nostro Pianeta. Parlano di una relazione con la Natura che noi uomini e donne occidentali, noi uomini e donne moderni, noi uomini e donne razionali abbiamo completamente dimenticato, persi nelle nostre vite frenetiche prive ormai di senso.

Quel senso che Shomiss provava nel profondo del suo cuore di bambino quando lui e i suoi 17 fratelli litigavano per decidere chi dovesse dormire con i cuccioli d’orso che per 6 mesi l’anno vivevano nella tenda indiana insieme a loro. Quello stesso senso che provava quando, sempre da bambino, trascorreva le sue ore nella foresta a studiare la medicina tradizionale e a ritrovare sé stesso. Quel senso che tuttora Dominique prova quando la mattina si sveglia prestissimo per ammirare l’alba e mentre l’aspetta dialoga con la Mamma Terra.

Quel senso che lo stesso Shomiss perse per 6 lunghissimi anni dopo che, all’età di soli 7 anni e mezzo, la polizia canadese lo aveva prelevato da casa per portarlo di forza nella grande città dove fu rinchiuso in un collegio, contro la sua vera natura, senza considerare che lui una casa, una scuola, degli insegnamenti molto profondi già li aveva. Hanno cercato di sradicarlo, di snaturarlo, di portargli via il bambino selvaggio che era in lui.

Shomiss, però, quel bambino selvaggio lo ha ritrovato. Dopo 6 anni fece ritorno nelle sue amate foreste, con i suoi amici animali e riprese in mano la sua vita, ricominciò a vivere seguendo i ritmi naturali, concedendosi momenti di meditazione, ritrovando il suo cuore. Si è preso cura di sé ed è guarito. E’ tornato in equilibrio con la Terra Mamma.

Noi quell’equilibrio lo abbiamo perso. Forse non definitivamente, ma è molto, molto lontano da noi. Viviamo le nostre vite come se fossimo degli attori che stanno semplicemente inscenando un copione, senza viverle davvero. Siamo divorati dagli impegni, dilaniati dai ritmi troppo veloci, assordati dal rumore e non abbiamo neppure più il tempo per pensare. Ci siamo convinti che le città siano meglio della natura, che la tecnologia sia meglio degli animali. Non ci rendiamo nemmeno conto che spesso abbiamo paura degli animali, mentre è delle nostre stesse invenzioni, dell’intelligenza artificiale che stiamo sviluppando a ritmo così spaventoso, che dovremmo essere terrorizzati. Neanche ci accorgiamo che persino le nostre foreste sono state civilizzate e non sono più naturali!

Siamo talmente lontani dalla vita, da noi stessi, che non ci accorgiamo di quanto i giovani siano angosciati e privi di speranza. Siamo diventati maniaci del controllo, ma ciò che vogliamo controllare è fuori di noi, mentre dovremmo imparare a guardarci dentro e iniziare a prenderci cura di noi stessi, del nostro piccolo selvaggio, del nostro cuore.

Perché la natura è un sistema olistico, dove tutto è interconnesso. I problemi della Mamma Terra, quindi, altro non sono che un riflesso dei nostri problemi interiori. E ogni volta che la Terra soffre, noi soffriamo con lei.

Così come prima di curare gli altri dovremmo prenderci cura di noi stessi, altrettanto dovremmo fare prima di pensare di curare la Terra.

Se vogliamo salvare il mondo, quindi, dobbiamo riappropriarci della nostra intelligenza naturale, ritornare a vivere secondo Natura, riscoprire il silenzio e la lentezza, vivere il Presente, prenderci il tempo per fare le cose e a volte avere anche l’onestà morale di non farle. Dobbiamo riacquistare fiducia in noi stessi e ritrovare quella parte Femminile Spirituale che, in questo mondo basato su un sistema fortemente maschile animale, fatto di valori che prediligono la violenza, la razionalità e i ritmi accelerati, è stata schiacciata e dimenticata.

Nel regno animale l’essere che meglio rappresenta queste caratteristiche è la tartaruga, che racchiude in sé tutte le caratteristiche del Femminile, essendo connessa sia alla Terra sia all’acqua. La tartaruga è un animale che ha una dura corazza ma davanti a un pericolo si chiude in sé stessa. La corazza è la sua casa, si dice, e lei si protegge chiudendosi in casa.

Ecco, proprio questo è il segreto per salvare noi stessi e prenderci cura della Mamma Terra: dobbiamo ritornare ad essere un po’ “selvaggi”, dobbiamo ritornare a casa. E’ fondamentale che ritroviamo quelle doti femminili spirituali che da qualche parte là dentro ancora abbiamo e che ci permetteranno di ritornare ad avere speranza: la collaborazione, l’intelligenza emotiva, la preghiera, il silenzio, la calma.

Radicarsi bene nella propria interiorità per sostenere il mondo e sconfiggere un sistema distruttivo basato su uno squilibrio verso valori maschili animali: questa è la rivoluzione della tartaruga!